L’unica cosa che ci appartiene è il tempo.

 

 

 

 

 

"La natura fa scorrere rapidamente il tempo della nostra esistenza, ma la ragione può prolungarla: è inevitabile che la vita scivoli via veloce a chi non cerca di acchiapparla, di trattenerla, o perlomeno di farla procedere più lentamente, ma la lascia passare così, lei, la più rapida di tutte le cose, come un bene superfluo e recuperabile".
 
 

Il tempo passa e non torna mai indietro . Viviamo in un costante cambiamento, in costante evoluzione, immersi in abitudini stressanti. Spesso osserviamo il tempo scivolare via dalle nostre mani senza esserne pienamente consapevoli.

Molti autori e pensatori della storia hanno riflettuto sul passare del tempo e su come esso di giorno in giorno influenzi irrimediabilmente la nostra vita.

 
 
 
   
   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
     
 
     
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

TI AUGURO TEMPO

"Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.

Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non
solo per te stesso,ma anche per donarlo agli altri.
ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.


Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull'orologio.


Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.


Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.


Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.


Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo,
tempo per la vita".

 

 
     
 
     
     Il tempo è la cosa più importante: esso è un semplice pseudonimo della vita stessa.
 
   

Il tempo non guarisce nulla.

Uccide certi sentimenti.

L'arte di trascorrere il tempo è l'arte di non inseguirlo.
   
     
 
     
 
     
Vassene il tempo e l'uom non se n'avvede.
Una buona sentenza è troppo dura per il dente del tempo e non viene consumata neanche da tutti i secoli, benché serva da nutrimento a ogni epoca: in tal modo essa rappresenta il grande paradosso della letteratura, l'imperituro in mezzo al mutevole, l'alimento che rimane sempre apprezzato, come il sale, e mai, come persin questo, diventa insipido.    
 
Organizzandosi, il tempo lo si trova sempre.

 

 

Alla fine, ciò che conta non sono gli anni della tua vita, ma la vita che metti in quegli anni.

 

 

Noi tutti sprechiamo la nostra esistenza accelerandone la fine e che disgustati dal presente, ci preoccupiamo per il futuro: ma coloro che dedicano ogni istante ad arricchire se stessi non hanno bisogno di sperare nel domani, ne tantomeno lo temono. La lunghezza della vita non viene misurata "dai capelli bianchi e dalle rughe": quello non è vivere a lungo, è esistere a lungo.

Tre sono i periodi della vita: passato, presente e futuro. Il presente è breve, il futuro incerto, il passato sicuro.

Il passato è la parte sacra e inviolabile della nostra vita, imperturbabile, nulla può sottrarcelo.

Il presente è fatto dai singoli giorni, divisi in tanti momenti, ma i giorni del passato possono essere richiamati e trattenuti a piacimento.

Il presente, infine, è così breve che alcuni ne negano l'esistenza: a coloro che sono perennemente indaffarati appartiene solo questo.

Solo coloro che si dedicano al conseguimento della saggezza fanno buon uso del loro tempo e sono gli unici che vivono veramente. E coloro che vorranno come compagni Zenone, Pitagora e tutti i maestri di virtù, saranno quelli veramente impegnati. Di questi compagni infatti nessuno porterà alla morte, ma insegneranno a morire, non ruberanno del tempo ma ne aggiungeranno.

La vita del saggio, quindi, è priva del tempo, non è limitata: sfugge alle leggi del genere umano e domina, similmente a Dio, tutte le epoche, il passato perché lo ricorda, il presente perché lo vive e il futuro perché lo prevede.

 

"Brevissima è invece la vita di coloro che dimenticano il passato, trascurano il presente e temono il futuro..."

 

Non si può ritenere che vivono a lungo solo perché il tempo non gli passava mai e le giornate gli sembravano interminabili: ciò che per loro è lungo è il dover aspettare.

"Perdono il giorno nell'attesa della notte e la notte nell'ansia e nel timore del giorno"

La condizione degli eterni affaccendati è triste, ma peggiore è quella dei non impegnati che dipendono dagli altri.

Seneca nega che la vita sia breve, sostiene che essa appare tale a colui che no ne fa un buon uso, e che invece è abbastanza lunga, satis longa, e che, anzi, è anche troppo abbondante per coloro che sanno spenderla bene.

Inoltre ricorda che siamo noi stessi che rendiamo breve la vita, impiegando il tempo che dovremmo dedicare alla cura di noi stessi, in attività pubbliche o private.

E' quindi il tema dell'otium, della vita spesa a meditare, che risulta essere l'unica ed esclusiva via per vivere una vita lunga e spesa bene.

Questo dialogo appare come un elogio ad una vita egoistica "...tutti quelli che ti chiamano in loro aiuto ti allontanano da te..." e ci presenta il prossimo come una massa di ladri, ladri pronti a rubare il nostro tempo.

La vita dev'essere spesa bene e Seneca fa il conto di tutti i "pezzi" di tempo sprecati , che doniamo agli altri e quindi sottraiamo a noi, concludendo che anche morendo centenari in realtà noi non viviamo che pochi anni e che riserviamo a noi stessi i rimasugli della vita.

In sostanza non fa altro che ripetere che la vita non è breve e che dobbiamo spenderla a nostro esclusivo uso e consumo.

Ricorda che chiedendo ad un centenario quanto tempo abbia speso per l'amante, il capo, i dipendenti ecc. ... e quanto tempo abbia dedicato a se stesso, gli anni che questo avrà vissuto per se saranno pochi e che quindi la sua morte sarà comunque precoce.

 
     
Ogni potere umano è composto di tempo e di pazienza.


 
Non togliermi neppure una ruga. Le ho pagate tutte care.


 
     

Il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) concepisce lo Spirito (dell'essere umano) come continuamente spinto in avanti sulla strada della verità (Dio stesso) per mezzo alla costatazione dell'inadeguatezza dei risultati fino ad allora raggiunti. Lo Spirito non ha riposo, è sempre inquieto e cerca sempre di agire e di superare sé stesso; il tempo è la successione delle esperienze verso la verità ed è costituito di memorie di tentativi falliti, cioè delle esperienze di verità parziali; è una negatività che sopprime se stessa. Scrive Hegel: "il tempo è l'Essere che, quando è, non è, e quando non è, è"; in pratica lo Spirito per autoconoscersi deve appropriarsi di ciò che non è, e questo appropriarsi e conoscersi per negazione è ciò che avviene nel tempo.

"Il tempo è l'emissario dello spirito, ciò che ne esprime la negatività sul piano reale, ciò che promana dunque dal carattere negativo con cui lo spirito si forma". (Tratto da "Hegel e la storia: nuove prospettive e vecchie questioni" di Marcello Monaldi)

 
 

Per il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) il tempo e lo spazio sono forme "pure" della sensibilità, che sussistono prima di ogni esperienza e grazie alle quali riordiniamo i dati fenomenici. In pratica Kant concepisce spazio e tempo non come realtà esterne ma come un modo di organizzare i dati sensibili della realtà: noi percepiamo le cose l'una accanto alle altre (spazio) e l'una dopo l'altra (tempo) solo perché questo è il nostro modo di percepirli.

Nella "Critica alla ragione Pura" Kant afferma che: "Lo spazio non è altro se non la forma di tutti i fenomeni dei sensi esterni" ed "Il tempo non è altro che la forma del senso interno, cioè dell'intuizione di noi stessi e del nostro stato interno".

Per Sant'Agostino (354-430) il tempo nasce al momento della creazione dell'Universo da parte di Dio, non esiste quindi un "prima" della Creazione, così come non esisterà un "dopo", in caso contrario verrebbe contraddetto il dogma dell'immutabilità di Dio. Nelle"Confessiones" Sant'Agostino afferma che il tempo esiste solo come dimensione dell'anima umana; la sua definizione esatta è: "distensio animae" (distensione dell'anima), in quanto l'esistenza si distende tra l'attenzione (presente), la memoria (passato) e l'attesa (futuro). Poiché, però, la percezione temporale avviene tutta nel presente, le tre dimensioni temporali sono più correttamente definite come: presente del passato, presente del presente, presente del futuro.

E' la nostra mente a misurare il tempo, che quindi non ha una vera e propria oggettività e da qui deriva anche la difficoltà di definirlo; non a caso quando Sant'Agostino chiede a se stesso che cosa sia il tempo, arriva ad affermare: "Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so".

Ad un livello il tempo sembra neppure esistere: "Se dunque il presente, per essere tempo, deve diventare passato, come possiamo dire di lui che esiste, se l'unica ragione del suo esistere è che non esisterà, non potendo cioè realmente dire che il tempo esiste se non in quanto tende a non esistere?".
 
 

Per Aristotele (384-322 a.C.) il tempo è potenzialmente infinito (mentre ritiene finito lo spazio) e lo  riconduce ad un numero. Il tempo, infatti, è per lui la misura del movimento, il modo in cui "contiamo" quanto le cose si muovono ("Questo, in realtà, è il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il poi"). Il tempo esiste laddove esiste il movimento, al di là delle cose che mutano vi è solo Dio (Theòs) che ne rappresenta il motore immobile, eterno e immateriale. Dio è la causa di ogni movimento poiché tutte le cose tendono a Lui, quindi pur non muovendosi muove tutto!

Aristotele si chiede anche se il tempo potrebbe esistere senza la coscienza, cioè l'anima, dato che non ci può esser nulla da contare se non c'è nessuno che conta, e il computo del tempo implica appunto l'aver coscienza della successione dei numeri contati.

L'infinito potenziale del tempo è visto sia verso il passato che verso il futuro, a differenza di quanto è concepito nella dottrina platonica, che postula un Demiurgo che dona un inizio dei tempi. Il tempo è visto come eterno, senza inizio né fine, sebbene modulato da cicli. C'è da precisare che per Aristotele il tempo rappresenta un paradosso: nel IV libro della Fisica inizia la trattazione affermando che il tempo non esiste: il passato perché non c'è più, il futuro perché non c'è ancora, il presente, l'istante (nyn) non è nel tempo perché semplicemente separa ciò che è passato da ciò che è futuro. "Per un verso, esso è stato e non è più, per un altro verso esso sarà e non è ancora", da questa premessa si orienta poi sul rapporto tra tempo e movimento proprio per cercare di darne una connotazione più concreta.

"Essendo ingenerato è anche imperituro, tutt'intero, unico, immobile e senza fine. Non mai era né sarà, perché è ora tutt'insieme, uno, continuo. Difatti quale origine gli vuoi cercare? Come e donde il suo nascere? Dal non essere non ti permetterò né di dirlo né di pensarlo. Infatti non si può né dire né pensare ciò che non è." "L'essere come potrebbe esistere nel futuro? In che modo mai sarebbe venuto all'esistenza?"

Parmenide di Elea (515-450 a.C.)

 
 
 
 

Secondo Eraclito di Efeso (535-475 a.C.) tutto ha origine dal Fuoco (che condensandosi diventa AriaAcquaTerra), la cui natura è di essere in perenne mutamento e da questo deriva che l'essenza della Natura è proprio il suo continuo divenire, espresso nell'aforisma "panta rhei" ("Tutto scorre").

Per Eraclito la natura del tempo è comunque ciclica; sembra che a lui si debba il termine "ekpyrosis" (conflagrazione) che rappresenta la grande deflagrazione dell'Universo alla fine del suo ciclo per essere poi ricreato (palingenesi) ed essere distrutto di nuovo in un ciclo eterno. Anche per Eraclito, comunque, al di sotto del continuo mutamento vi è un Logos, una verità ed un'armonia profonda che governa tutto ciò che esiste e la perenne dialettica fra contrari, riconducendo ad un'Unità la molteplicità apparente del mondo naturale ("Ascoltando non me, ma il logos, è saggio convenire che tutto è uno").

 

 
Per Platone (428-347 a.C.) il tempo è "l'immagine mobile dell'eternità", come scrive nel "Timeo". Al di sopra dei fenomeni esiste l'Iperuranio, eterno ed immutabile, per cui i concetti di passato, presente e futuro hanno un senso solo rispetto alla realtà sensibile e, nel loro flusso circolare, rimandano all'eternità a loro sovrastante, di cui sono un mero riflesso (l'immagine mobile di ciò che è immobile, appunto).

 

 
 
Martin Heidegger (1889-1976) nella sua opera maggiore: "Essere e Tempo" (1927) parte dalla domanda: "Cos'è l'essere?" ed arriva a definire l'essere umano come progetto e gli oggetti della fisicità (enti intramondani) come gli strumenti di tale progetto, il cui fine è proprio prendersi cura di tali oggetti, di prendersi cura, quindi, del mondo, o per cambiarlo o per mantenerlo. Poiché ogni progetto è limitato dalla morte, l'essere umano si ritrova calato in una dimensione temporale: il passato è il punto di partenza e il fondamento delle possibilità a venire ed il futuro è l'opportunità di conservazione o mutamento del passato. Il progetto che costituisce l'essere si estrinseca e trova il suo significato nel tempo e da qui sorge l'equivalenza del pensiero heideggeriano: l'essere è il tempo e il tempo è l'essere! Il tempo è il senso del nostro essere in quanto rende possibile l'esprimersi nel mondo, l'esserci nel mondo; per questo, secondo Heidegger, la scienza non può dirci che cosa sia il tempo, ma può solo misurarlo. Con un orologio è, infatti, possibile misurare l'"ora", ma la scienza ignora cosa sia questo "ora" non essendo una realtà oggettiva ma soggettiva.
     
 
Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi.



 

 

Non rimpiango le persone che ho perso col tempo, ma rimpiango il tempo che ho perso con certe persone, perché le persone non mi appartenevano, gli anni sì.


 
Il tempo – che gli uomini tentano di domare con gli orologi, fino a renderlo un automa – è per se stesso di natura vaga, imprevedibile e multiforme, tale che ognuno dei suoi punti può assumere la misura dell’atomo o dell’infinito.
Il tempo è il fuoco in cui bruciamo.


 

Sei qui solo per una breve visita. Non fare in fretta, non preoccuparti.

E assicurati di annusare i fiori lungo la strada.



 
Il tempo è gratis ma è senza prezzo.
Non puoi possederlo ma puoi usarlo.
Non puoi conservarlo ma puoi spenderlo.
Una volta che l’hai perso non puoi più averlo indietro.

 

 

Lascia dormire il futuro come merita.

Se si sveglia prima del tempo, si ottiene un presente assonnato.



 
Tutto è relativo. Prenda un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà felicissimo di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie.
 
La lunghezza effettiva della vita è data dal numero di giorni diversi che un individuo riesce a vivere. Quelli uguali non contano.

 

 

Posso perdere una battaglia, ma non perderò mai un minuto.


 
     
Che cosa non mi piace della morte? Forse l’ora.
 
La tragedia della vita è ciò che muore dentro ogni uomo col passar dei giorni.


 
     
Finché vivi, splendi, non affliggerti per nulla. La vita è breve e il tempo esige il suo tributo.

 
Il tempo è più prezioso del denaro. Puoi fare più denaro, ma non puoi avere più tempo.


     
 
Un uomo che osa sprecare anche solo un’ora del suo tempo non ha scoperto il valore della vita.


 
È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante


 
Io so, non per teoria ma per esperienza, che si può vivere infinitamente meglio con pochissimi soldi e un sacco di tempo libero, che non con più soldi e meno tempo. Il tempo non è moneta, ma è quasi tutto il resto.
 



 
Sii felice per questo momento. Questo momento è la tua vita.


 

 

Quando arriva il tempo in cui si potrebbe, è passato quello in cui si può.


 
Il prezzo di qualunque cosa equivale alla quantità di tempo che hai impiegato per ottenerla.

 

 

Il valore delle cose non sta nel tempo in cui esse durano, ma nell’intensità con cui vengono vissute. Per questo esistono momenti indimenticabili, cose inspiegabili e persone incomparabili.

 
   
La gente comune si preoccupa unicamente di passare il tempo; chi ha un qualche talento pensa invece a utilizzarlo.
 
"...il filosofo deve andare più lontano dello scienziato. Facendo tabula rasa di ciò che è un simbolo immaginativo, egli vedrà risolversi il mondo materiale in un semplice flusso, in un divenire... la filosofia non è solamente il ritorno dello spirito in se stesso... una presa di contatto con lo sforzo creatore. Essa è l'approfondimento del divenire in generale... il vero prolungamento della scienza"  
TUTTO IL TEMPO È IL TEMPO

“Se voglio prepararmi un bicchiere d’acqua zuccherata, per quanto possa darmi da fare devo aspettare che lo zucchero si sciolga. È un piccolo fatto ricco di insegnamenti. Il tempo che devo aspettare non è più infatti il tempo matematico che può applicarsi a tutto il corso della storia del mondo materiale, anche se si dispiegasse simultaneamente nello spazio. È un tempo che coincide con la mia impazienza, cioè con una certa porzione di quella che è la mia durata e che non può allungarsi o contrarsi a piacere. Non è più qualcosa di pensato, ma è qualcosa di vissuto. Non è più una relazione, ma è qualcosa di assoluto. “

 

 

 

Fino all'Ottocento la pittura ha cercato di tradurre sulle due dimensioni della tela una realtà a tre dimensioni: ha utilizzato la prospettiva e il chiaroscuro per dare l'illusione della profondità e della distanza degli oggetti nello spazio. Non pretendeva di rappresentare lo scorrere del tempo, il movimento se non fissando l'attimo di un gesto o di un'azione.

Tra fine Ottocento e inizio Novecento la rappresentazione esatta della realtà viene sentita come una limitazione alla creatività artistica. Nascono nuovi modi di rappresentare la realtà esterna ed interiore, cambiano i criteri di rappresentazione dello spazio e delle cose nello spazio, si cerca di rendere sulla tela il mutare e lo scorrere del tempo, il movimento il ritmo della vita moderna.

     

L'universo è in continuo divenire, oggetto ad una evoluzione creatrice, per cui contemporaneamente resta se stesso e cambia. Ovviamente anche l'uomo è partecipe a questo moto continuo o flusso vitale, ma nello stesso tempo vorrebbe capirlo, schematizzarlo e riportarlo ad una legge. Così l'uomo cerca di analizzare tale flusso, ma è troppo limitato nel tempo e nello spazio per raggiungere risultati utili, la ricerca risulta superficiale o addirittura vana.

Da qui nasce il dramma: l'uomo tenta inutilmente di catturare il flusso in forme fisse e quindi inadeguate. Più si sforza producendo forme diverse e più si aliena, in quanto più si circonda di forme fittizie e più si allontana dalla realtà.

Le forme costituiscono la cultura, la civiltà: più sono evolute, più isolano dalla natura e rischiano di soffocare al loro interno l'uomo..

Non ci sono forme false o forme vere: sono tutte egualmente false e vere e quindi alienano l'uomo.

Il tempo allora è una delle tante forme create dall'uomo, per le sue esigenze, e quindi è falsa ed inconsistente. Vera è invece la nozione di durata o tempo soggettivo, scandito cioè dalla coscienza di ogni singolo individuo. Ma la durata non conosce la distinzione presente-passato-futuro e non procede neppure linearmente a senso unico: emette salti, accelerazioni e decelerazioni.

Ogni individuo è quindi un mondo a se stante che può sfiorare gli altri, ma non comunicarci in quanto manca qualsiasi termine comune e di riferimento.

 
 
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